E venne il giorno
E venne il giorno
in cui i giorni tacquero.
Non più di voce vestiti,
ma da silenti ricordi pervasi.
Il dolore no, lui non tace,
ha una voce stridula
nel pianto a stento trattenuto,
E poi urla potente, l’infame,
senza rispetto alcuno,
mentre tra le lacrime
cerco sorgenti di luce.
Ammutolito e annichilito
lunghissimo istante,
interrotto da verbose parole
che mi scorrono fluide,
come rivi passivi e sciocchi,
alla ricerca di più quiete acque.
Giaci inerte e serena.
Pare che tu sia lì e altrove.
L’affanno più non ti appartiene
ora che l’incerto passo è fermo
e la costante vertigine
si è mutata nell’immobile silenzio.
Non è mai caro il tempo
in cui fermare le sfere
sull’invisibile quadrante
dei giorni che ci sono concessi.
Vorremmo, tutti,
almeno un altro giro completo
delle inesorabili lancette
che scandiscono il nostro incedere.
E altre luci e notti, aurore e tramonti
vorrei ancora per te.
Desiderio senza amica sorte
è il mio, mentre sono qui,
immerso nelle memorie
manovrate dal caso
che affiorano sparse,
come ossigeno disciolto nel pelago.
Alle mie spalle si accalcano
gli indelebili ricordi
che costruimmo insieme,
nel mio inevitabile sapere
che non ne avremo di nuovi,
ora che tu,
che mi desti la vita e queste parole,
riposerai per sempre,
nel tuo giusto sonno.
Poesie di Arnaldo Balatroni – Tutti i diritti riservati – E’ consentita la condivisione e la riproduzione solo citando l’autore.